È ogni lunedì che il mercato del villaggio di Shevchenkove si chiude. Tuttavia, c’è un negozietto verde che vende frutta e carne, con un’insegna in ucraino anche se qui si parla principalmente russo. E anche quello dove si compra il pane è aperto. Un missile russo ha colpito la zona alle 9:30 del mattino, quando c’erano circa dieci persone nei dintorni: fra loro, una madre con la figlia di undici anni e alcune donne presso i banconi. In totale, due persone hanno perso la vita per la bomba lanciata al di là del confine russo ed arrivata nel piccolo centro dell’est dell’Ucraina. Quattromila abitanti, benché prima della guerra ce ne fossero ben settemila; un nome mutuato dal “padre della cultura” Taras Shevchenko e recuperato con la fine dell’Unione Sovietica; e l’idea di ribattezzare il paesino come “villaggio degli evacuati” per accogliere gli sfollati dall’ultimo lembo della regione di Kharkiv, a due passi dall’oblast di Donetsk.
Nonostante i bombardamenti, Shevchenkove è considerato un luogo relativamente sicuro. Come afferma Olena, che ha trovato casa in questo paesino quando la sua è stata distrutta, i raid non sono così intensi come a trenta o quaranta chilometri di distanza. Olexander Burya, 30 anni e tanta voglia di far risorgere la sua terra dopo la liberazione del settembre scorso, si trova al cancello del mercato al momento dell’esplosione: qui non c’è stato un vero e proprio massacro come poteva succedere nei giorni in cui i negozi sono tutti aperti e c’è anche fino a trecento persone nel raggio. Dopo l’impatto della bomba, infatti, sono stati trovati i corpi di due donne di 50 e 60 anni e altri feriti gravi; tutti trasportati a Kharkiv per essere curati adeguatamente. Tutto ciò che era possibile essere fra gli scaffali è stato scagliato via ed ancora si sente l’odore di bruciato. Nessuno dei trenta punti vendita è stato risparmiato: dai chioschi alle baracche trasformate in negozi.
La notizia della “strage al mercato” fa il giro del Paese ed in risposta Kiev smentisce con decisione la presunta offensiva russa contro un raggruppamento militare ucraino a Kramatorsk – rivelatasi poi come un falso – dichiarando che essa è servita solo per vendicare l’irruzione di Kiev nella caserma di Makiivka avvenuta nel Capodanno 2015-2016. Dopo sei mesi di occupazione da parte russa, Shevchenkove è stata liberata ed i bisognosi accolti in seguito hanno fatto lievitare le richieste alle quali stanno provvedendo diverse associazioni locali ed umanitarie tra cui quella della Croce Rossa Internazionale che ha portato 300 brandine destinate ad un centro di emergenza per affrontare all’inverno.
Tuttavia lo sconfortevole scenario che emerge da Kupiansk (35 km più ad est), dove il ripiegamento russo si è tradotto in devastazione totale con case distrutte, scuole vandalizzate e chiese saccheggiate sembra annunciare l’inizio del peggio. Anche qui gli occupanti hanno imposto costrizioni a base di violenza e minacce e hanno costretto moltissimi abitanti alla fuga, approfittando del grande freddo ed usufruendo dello sfruttamente assoluto avvenuto nel territorio occupato; tuttavia sembra propri ora che vi sia un grande ripensament0 da parte del Cremlino volto ad ottenere posizionament ottimali attorno all’area con numerosi bombardament a tappeto negli ultimi tempi che hannocreano nuovi appelli all’evacuazione.