Inviti aperti a tutti: Bindi, Bersani e D'Alema si riscaldano?

La crisi di leadership che sta attraversando il Partito Democratico è un problema non solo per il partito, ma anche per l’intera coalizione. Con l’attuale scontro tra i candidati per la segreteria, Stefano Bonaccini e Francesco Schlein, la “ditta” – come è stata definita da Bonaccini – torna ad essere protagonista nella politica italiana. L’obiettivo comune, per entrambi i candidati, è quello di unire la coalizione e trovare un’intesa con i 5 Stelle, con Bersani e D’Alema, con De Luca ed Emiliano e con chiunque altro sia interessato a costruire un nuovo corso. Un’alleanza che servirebbe ad aprire le porte a un Governo nazionale fondato sulla condivisione e sulla coesione delle forze politiche. Di fronte a questo obiettivo, il PD ha bisogno di un segretario che abbia le capacità necessarie per guidare il partito verso nuovi orizzonti politici. Ecco perché la competizione tra Bonaccini e Schlein assume un significato ben più profondo di quanto possano mostrare le singole posizioni programmatiche. Si tratta in realtà di delineare la prospettiva politica del Partito Democratico a livello nazionale. Carlo Calenda ha invitato a non ripetere l’errore del “campo largo” della scorsa legislatura, ribadendo che l’alleanza con M5S sarebbe troppo rischiosa e ridurrebbe le possibilità di alleanze con altri partiti. Un invito che non ha trovato seguito in Stefano Bonaccini, il quale ha replicato: “Vienimi a sentire”. Ciò dimostra come la posta in gioco sia piuttosto alta: trovare un punto d’incontro tra riformisti e “ditta” risulta essere un problema sia per le dinamiche interne al Pd che per le possibilità future di alleanze esterne. La questione rimane quindi aperta: qual è la differenza tra Bonaccini e Schlein? Entrambi emiliani, entrambi favorevoli al reddito di cittadinanza, al salario minimo e all’apertura all’alleanza con i 5 stelle; entrambi schierati contro la corrente del “fritto misto populista” proposto da Calenda. La risposta non può non arrivare da chi ha contribuito maggiormente alla storia del Pd: Rosy Bindi ha infatti rintuzzato i riformisti sulla scia di Veltroni, affermando che “anche un imprenditore è un lavoratore”; Andrea Orlando si è espresso criticando chi pensasse di “aggregarsi a quell’area pensando di bilanciarla”; Fassino ha sollecitato gli ex renziani a schierarsi dietro Bonaccini; mentre Letta mantiene gli ex dirigenti fuori dalla segreteria del Governatore. A questo punto diventa chiaro come la competizione tra i due sfidanti abbia ben poco a che fare con i programmi politici, ma rappresenti piuttosto la necessità di trovare un punto d’incontro tra vecchie e nuove generazioni in grado di portare avanti il progetto originario del Partito Democratico. L’obiettivo è quello di evitare che cose come il reddito minimo o il reddito cittadinanza diventino meramente strumentali o finiscano nel pantano della scontata polarizzazione della politica italiana: occorre dunque procedere spediti verso la costruzione del partito unico liberaldemocratico che sappia riconciliare lo spirito innovatore della sinistra moderata con l’ideologia dell’egualitarismo sociale modernizzante. Avvisare la ditta: qui si tratta di costruire qualcosa di nuovo.

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