
Il processo per i dieci imputati accusati di aver “bloccato” la Posta centrale per una protesta organizzata dal Coordinamento No Green Pass è stato rinviato dal giudice Camillo Poillucci al 17 maggio a causa del legittimo impedimento di un’imputata a presenziare in aula. Questo evento si inserisce in un contesto di forte opposizione al Green Pass in Italia, una misura introdotta per limitare la diffusione del COVID-19 e garantire la sicurezza dei cittadini. Nonostante sia stata adottata anche in altri Paesi, la regola viene contestata da molti sostenitori dei No Green Pass, diventati uno dei principali gruppi di protesta del Paese. Proprio la protesta organizzata da questo movimento ha causato il blocco della Posta centrale, dove decine di persone, tra cui gli imputati, hanno fatto irruzione presentando una raccomandata indirizzata all’allora presidente del Consiglio Mario Draghi, nonostante non fossero in possesso della certificazione verde. Nonostante l’obiettivo dei No Green Pass sia quello di eliminare la regola del Green Pass e le restrizioni ad essa correlate, il caso solleverà importanti questioni sulla linea di confine tra il diritto di protesta e i diritti degli altri e sulle conseguenze dei processi simili per il movimento in questione. Inoltre, durante la protesta che ha dato luogo al blocco della Posta centrale, si sono registrati alcuni atti di disturbo e violenza, che non sono protetti dal diritto costituzionale di protesta pacifica, pertanto, mentre i diritti di protesta sono tutelati, gli atti di disturbo e violenza non sono tollerati. L’attesa della prima udienza desta curiosità sulle conseguenze e sul futuro della questione.